Trappola per vespe

Questa mattina ho comprato una trappola per vespe. Non è costata molto e, a quanto pare, funziona.
Mi avevano parlato bene di questo negozio, a una ventina di chilometri da qui, specializzato nella vendita di pesticidi: insetticidi, antiparassitari, lumachicidi. Cose così. Stamattina sono salito in macchina e ci sono andato.
L’insegna del negozio recitava: “Da oltre trent’anni al servizio dell’orto-frutti-cultura”. Era scritto proprio così, “orto-frutti-cultura”.

Al ritorno sono passato dalla strada statale che fiancheggia la costa. Guidavo tenendo un braccio fuori dal finestrino. L’aria era tiepida, scaldava senza soffocare.
A un certo punto una vespa si è posata sul braccio e mi ha punto all’altezza del gomito. Ho bestemmiato, ancor prima di avvertire il bruciore. Un bruciore aspro, che in un attimo ha cancellato il frastagliato campionario di sensazione provate nella mia vita precedente (la vita precedente al dolore intendo).
“Figlia di puttana”_ le ho urlato “sterminerò te e tutta la tua prole”.
Ma l’insetto era volato via, non era rimasto altro che il pungiglione conficcato nel mio gomito.

La trappola è un cilindro verde scuro dotato di due fori laterali. Il funzionamento è piuttosto semplice: una sostanza attira le vespe all’interno del cilindro, la viscosità della sostanza impedisce alle vespe di volare, le vespe muoiono.
Un procedimento elementare ma non privo di fascino che, come tutte le cose elementari e affascinanti, può essere sintetizzato in non più di tre passaggi.
La genialità dell’invenzione sta tutta nel suo meccanismo, che esprime in modo estremamente lineare una serie di riflessioni complesse sul desiderio, la tentazione e l’impossibilità di sfuggire a certi nostri istinti.
Chessò io, immaginate un linguaggio di programmazione in grado di spiegare ai computer i significati profondi della Bibbia. Ci riuscite? Ecco, in una roba del genere ritroverei lo stesso tipo di genialità.

Adesso sono qua, in giardino, a godere dell’effetto che il mio nuovo strumento di tortura sta sortendo sulle mie nemiche.
E’ tutto il pomeriggio che osservo le vespe entrare nel cilindro o ronzargli attorno. Sto comodo su una sedia da campeggio, le gambe stese sul tavolo di pietra e una birra ghiacciata in mano.
Il tavolo l’ho costruito io, con l’aiuto di un amico manovale. Avrà pressappoco l’età di mio figlio, quello grande.
Nulla in questo giardino è lasciato al caso. Ogni cosa è nel posto che gli compete: l’altalena per i bambini, il capanno degli attrezzi, il barbecue. Ha pensato a tutto il sottoscritto, con le sue mani e qualche sporadico aiutino esterno.
Del resto il giardino è l’unico posto della casa nel quale posso starmene un pò in pace. Perfino mia moglie non si azzarda a disturbarmi mentre sono fuori a leggere il giornale o a fumare il sigaro. Lo sanno tutti. Tranne le vespe.
Allo sbocciare dell’estate i susini iniziano a sganciare i loro frutti come fossero bombe. Il prato viene insozzato da un patina melmosa e rossastra. Ben presto diventa preda di sciami di vespe eccitate pronte a celebrare sfrenati rituali edonisitici.
Si avventano su tutto ciò che è dolce, maturo e succoso senza saziarsene mai.

Godono a stuprare il mio giardio esattamente come adesso godo nel vederle agonizzare, una sopra l’altra all’interno della trappola. I corpi inermi si accatastano in attesa della fine, mentre il rimpianto di un gesto avventato le consuma poco alla volta.

Il sole è quasi tramontato e forse dovrei rientrare. Devo chiamare mia cognata per farle gli auguri di compleanno. Devo risentire a mia figlia la tabellina del 5 e del 7. Forse dovrei anche apparecchiare la tavola.
Ma penso che me ne resterò un altro pò fuori, a osservare le vespe entrare nella trappola e a riflettere su come a volte, nella vita, si rimanga semplicemente incastrati nelle situazioni. Ti fai un giro, prima di attraversare la strada guardi a sinistra e poi a destra, magari ti sporgi solo un pò, giusto per vedere come va il mondo, e in men che non si dica ti ritrovi intrappolato in un gigantesco cilindro senza uscita, esattamente come è accaduto a un milione di allocchi prima di te. Quando te ne accorgi è già la fine.

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2 risposte a Trappola per vespe

  1. Svetlana ha detto:

    cazzissimo sei iperproduttivo!
    non avevo ancora letto il racconto sulla ristorantofobia, mi è rimasta un po’ di curiosità sugli otto personaggi però hai dipinto bene la situazione. e questo racconto mi è piaciuto abbestia, l’ho ascoltato coi dyskinesia e stanno strabene insieme!

    approvo assolutamente la raccolta di racconti da far girare.
    ci si vede nel pogo

  2. g. ha detto:

    c’è molto mimì qui.

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